In quei giorni di tempesta by Robert Peroni

In quei giorni di tempesta by Robert Peroni

autore:Robert Peroni [Peroni, Robert]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788820095680
editore: Sperling & Kupfer
pubblicato: 2016-11-06T23:00:00+00:00


10

Qallunats

QUELLA raccontata fin qui è la storia vista dal punto di vista occidentale, come riportata da George Best. Noi bianchi scriviamo, raccontiamo, prendiamo nota di quello che ci succede; anche questo fa parte della nostra natura. Ma la cosa interessante è che vi è una traccia del passaggio di Frobisher anche nella memoria inuit. È una traccia piccolissima, che riemerge misteriosamente nell’Ottocento, ben tre secoli dopo l’accaduto.

Nella seconda metà del XIX secolo, infatti, partì una spedizione per andare alla ricerca di sir John Franklin, ufficiale della Marina reale britannica ed esploratore, che stava cercando, tre secoli dopo Frobisher, il passaggio a nordovest. Franklin non era mai tornato a casa, ma la moglie non si dava pace e tentava in tutti i modi di trovarlo.

L’autore del resoconto di questa spedizione, l’esploratore americano Charles Francis Hall, naviga fino all’Isola di Baffin su una nave baleniera. Prova a seguire le tracce della spedizione di Franklin, di cui non si sa più nulla dal 1848, ed è fermamente convinto che parte dell’equipaggio di Franklin sia ancora vivo e abbia deciso di vivere con gli inuit.

Hall sale su una scialuppa e comincia a ispezionare un tratto di costa ma, come vittima di una nemesi, mentre è impegnato a ritrovare i naufraghi è lui stesso a naufragare. Il mare in tempesta distrugge la sua piccola imbarcazione e Hall si ritrova a sua volta bloccato. Sa che fino allo sbocciare della primavera non potrà tornare indietro, e che sarà costretto a trascorrere l’inverno in quelle terre inospitali.

Dopo i primi brutti pensieri, e aggirata la sensazione di essere vittima di una sciagura, la sua prospettiva cambia: E se fosse una fortuna rimanere qui? Se quella che sto per vivere fosse la vera avventura, forse ancora più interessante di quella di trovare degli uomini che o sono morti o non hanno alcuna voglia di essere trovati?

Hall fa una cosa del tutto nuova e diversa rispetto a quelli che l’hanno preceduto: ne approfitta per imparare qualcosa sulla cultura locale. Studia la lingua inuit. Trova qualcuno che gli faccia da interprete e comincia a chiacchierare con le persone del luogo, soprattutto gli anziani, che sembrano avere tante storie da raccontare e trascorrono le ore nei pressi del fiordo a ripensare con nostalgia alle lunghe battute di caccia della giovinezza.

Il tempo per lui riprende a scorrere veloce. Scopre un mondo, e gli piace. È quasi arrivato il momento di tornare a casa quando gli vengono mostrati i resti di una scialuppa e degli oggetti che, a suo giudizio, sono molto vecchi. Dopo un esame più attento conclude che potrebbero risalire persino al XVI secolo. Ne parla con un vecchio del villaggio, che conosce quei resti ma non capisce perché lui sia tanto interessato. Hall insiste, riesce a trovare un modo per comunicare con lui, e questo gli racconta di una spedizione di qallunats, termine inuit per «bianchi».

Hall gli chiede più informazioni e il vecchio racconta in dettaglio di una spedizione identica a quella di cui lui ha letto, condotta da Frobisher tre secoli prima.



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